domenica 28 ottobre 2012

3. A COSA SERVE TUTTO QUESTO?


Il sistema di gestione per i partiti politici è stato esposto nel capitolo 2 in termini molto generali, facendo soprattutto riferimento ai requisiti richiesti dalla norma ISO 31000 sul Risk Management. Nei prossimi paragrafi, proverò a “calare” tale sistema entro alcuni temi e alcune problematiche concrete.
3.1 Soluzioni che non funzionano
 Recentissimi fatti di cronaca hanno portato alla ribalta la necessità di controllare meglio le scelte gestionali dei dirigenti delle Regioni, degli enti locali e dei loro gruppi consiliari. Tuttavia, le soluzioni proposte dal Governo appaiono, in certi casi, paradossali e inefficaci. In sintesi, le soluzioni ruotano tutte attorno all’idea di aumentare il controllo riducendo l’autonomia gestionale e la disponibilità finanziaria dei gruppi politici e degli amministratori locali; e rafforzando le competenze e i poteri (di governo e di programmazione) dello Stato, a discapito delle Regioni.
Tradotto in termini di Risk Management, questo significa gestire il rischio politico (e il rischio di dissesto della finanza pubblica), agendo sulle conseguenze degli eventi e trasferendo il rischio dalla “periferia” (Regioni, Comuni e Province) al Centro (Corte dei Conti, Governo e Parlamento), cioè allo Stato.
Agire sulle conseguenze potrebbe essere sensato, in quanto il valore potenziale del danno economico di reati come la corruzione o il peculato, diminuisce, se diventa marginale il valore economico dei beni pubblici gestiti. Invece, trasferire il rischio allo Stato può essere utile, solo se lo Stato è in grado di assicurare una migliore gestione del rischio. E su questo ho forti dubbi. Un rischio non si gestisce “spostandolo” altrove, a meno che chi riceve il rischio non sia una assicurazione. E lo Stato non è un’assicurazione.
Certamente, la diffusione di una cultura del risk management, che dia origine a consapevolezza e a sistemi di controllo, fra gli amministratori di Regioni, Province e Comuni sarebbe la soluzione più efficace. Questa possibilità potrebbe concretizzarsi, in parte, con l’approvazione del ddl anticorruzione (che prevede la diffusione di Piani anticorruzione in tutti gli enti pubblici) … ddl anticorruzione che, purtroppo, i partiti stanno bloccando in Parlamento.
3.2 Processi-chiave delle organizzazioni politiche.
Un sistema si gestione del rischio politico dovrebbe concentrarsi soprattutto su seguenti processi-chiave messi in atto fuori e dentro il partito:
  • Processi di produzione del consenso (elaborazione di idee, programmi e progetti politici; rilevazione dei bisogni del contesto sociale ed economico;  rapporti con soggetti esterni al partito; campagne di tesseramento)
  • Processi di selezione elettorale (individuazione dei candidati, scelta delle alleanze, definizione di un programma di governo, gestione della comunicazione elettorale)
  • Processi di governo (attività di scelta, controllo e indirizzo dell’operato della pubblica amministrazione, esercizio del potere legislativo ed esecutivo)
  • Processi di gestione economica e finanziaria (con particolare riguardo alla gestione e alla contabilizzazione dei finanziamenti pubblici utilizzati, a livello nazionale, regionale, provinciale e locale, dalle unità organizzative del partito: segreterie, commissioni, gruppi parlamentari e consiliari, ecc…  )
  • Processi di formazione e informazione degli iscritti e dei simpatizzanti (con particolare riferimento alla formazione sui temi della legalità)

3.3 Destinatari del sistema di gestione.
I destinatari del sistema di gestione dovrebbero essere tutti gli iscritti al partito e tutti coloro che, a nome del partito, sono coinvolti (anche informalmente) nei processi-chiave elencati in precedenza. I destinatari dovranno essere adeguatamente informati circa le finalità, il contenuto e gli obblighi previsti dal sistema di controllo del partito.
Una particolare attenzione dovrà essere posta, affinché i rappresentanti del partito eletti presso organismi pubblici o società pubbliche conoscano ed applichino i protocolli del sistema di gestione.
Per facilitare il monitoraggio/riesame sulla diffusione, applicazione e adeguatezza del sistema di gestione, il partito potrebbe decidere di dotarsi di un Organismo di Viglilanza, con caratteristiche, poteri e responsabilità analoghi a quello previsto dal d.lgs. 231/2001
3.4 Sistema sanzionatorio.
Il sistema di gestione del rischio politico potrebbe includere un sistema sanzionatorio. Le sanzioni dovrebbero essere erogate:
·         Ai destinatari del sistema di gestione, che non rispettano le procedure del sistema
·         Ai destinatari del modello che compiono attività illecite.
Il sistema sanzionatorio (sistematicamente previsto nei modelli di organizzazione e gestione ex. D.lgs. 231/2001) ha la funzione di prevenire la messa in atto di condotte illecite. Come vedremo in seguito, le condotte illecite sono eventi che possono impattare negativamente sugli obiettivi di governo e di consenso del partito. Quindi, il sistema sanzionatorio rappresenta una modalità di trattamento del rischio politico.
Le sanzioni dovrebbero essere graduali e proporzionate e potrebbero includere:
1.       Il richiamo verbale al rispetto dei principi e delle procedure del sistema di gestione
2.       Il richiamo scritto al rispetto dei principi e delle procedure del sistema di gestione
3.       L’incandidabilità temporanea
4.       La esclusione temporanea dalle attività del partito
5.       L’incandidabilità definitiva
6.       L’espulsione del partito
Le sanzioni dovrebbero essere erogate attraverso un processo trasparente, che (in caso di presunti illeciti di rilevanza penale) dovrebbe essere avviato prima del rinvio a giudizio o della condanna da parte dell’autorità giudiziaria, a tutela dell’immagine del partito e per evitare perdite di consenso.

3.5 Eventi paradosso (EP)
Nel capitolo 2 abbiamo visto che il rischio è l’effetto dell’incertezza di una organizzazione in relazione agli eventi che possono influenzare i suoi obiettivi. Conseguentemente, il processo di gestione del rischio sarà un processo di valutazione e trattamento degli eventi che influenzano gli obiettivi, delle loro cause e delle loro conseguenze.
Un evento può avere delle conseguenze positive o negative sugli obiettivi di una organizzazione. Ovviamente, uno stesso evento può avere delle conseguenze positive su certi obiettivi, e negative su altri: ad esempio, l’aumento della pressione fiscale per pareggiare il bilancio di uno Stato, può avere conseguenze positive sugli obiettivi di stabilità, ma può avere effetti negativi sugli obiettivi di consenso.
Possiamo anche ipotizzare, in astratto l’esistenza di eventi che possono avere conseguenze negative e positive sul medesimo obiettivo, in tempi diversi. Li chiameremo eventi paradosso, perché, in modo apparentemente paradossale, tali eventi possono influire positivamente sugli obiettivi di una organizzazione passando attraverso conseguenze negative o, viceversa, influire negativamente sugli obiettivi passando attraverso conseguenze positive.
Per chiarire, basterà un esempio: un investimento (ad esempio l’acquisto di nuovi macchinari) può avere inizialmente conseguenze negative sul bilancio di una società, ma, col tempo, avrà delle conseguenze positive, permettendo di produrre meglio e con meno costi.
Possiamo scrivere EP( -,+) per indicare eventi paradosso che hanno prima conseguenze negative e poi positive sugli obiettivi. Gli investimenti, quindi, saranno EP(-,+). Invece, indicheremo con EP(+,-), gli eventi paradosso che, al contrario, hanno conseguenze prima positive, ma poi negative sugli obiettivi.
Un esempio di evento paradosso di tipo EP(+,-) particolarmente rilevante, per la gestione del rischio politico, è rappresentato dall’illegalità. Le condotte illegali sono così diffuse in politica, proprio perché sembrano accelerare il raggiungimento degli obiettivi di consenso e di governo: favorire gli amici nell’assegnazione di appalti e finanziamenti pubblici può sembrare un modo per circondarsi di persone di fiducia; scendere a patti con gli interessi di organizzazioni criminali che controllano l’economia e il consenso elettorale di un territorio, può sembrare un modo per raggiungere più facilmente posizioni di governo. Ma l’illegalità ha un costo: prima o poi, le attività illecite saranno scoperte, con la conseguente perdita di consenso e delle cariche di governo. Per questa ragione, i sistemi di gestione del rischio politico dovrebbero cercare di rilevare e prevenire nel modo più efficace possibile le condotte illecite.
Un altro esempio di eventi EP(+,-), sono le politiche di governo sbilanciate verso l’austerità e il pareggio di bilancio, a discapito degli investimenti e dei provvedimenti per la crescita. Tali politiche, se consentono una riduzione del debito pubblico, rischiano di deprimere l’economia, sottrarre risorse alle famiglie, generare tensioni sociali.   
3.6 A cosa serve tutto questo?
Veramente tutta l’architettura teorica del sistema di gestione proposta nel capitolo 2 (con i suoi principi, le sue strutture, i suoi processi) può essere utile per risolvere la crisi della politica, favorendo scelte di governo efficaci ed arginare  la perdita di consenso dei partiti e la disaffezione dell’opinione pubblica per la politica? E se sì, in quale modo?
La risposta è, a mio parere, affermativa. Come abbiamo visto, l’attuale crisi del sistema politico deriva in parte da scelte e comportamenti sbagliati, attuati dai politici e dai partiti: pessima selezione dei candidati, commissione di reati, rapporti con la criminalità organizzata, ecc … Ma la crisi non può essere spiegata solo riconducendola alle colpe dei singoli. Come abbiamo visto, le organizzazioni politiche soffrono di una crisi dei valori, ma questi valori erano matrici di produzione del consenso e delle scelte politiche, una sorta di terreno condiviso in cui le organizzazioni politiche dialogavano con una società strutturata in gruppi economici e sociali dai bisogni ben definiti e spesso in opposizione fra loro.  Una società che non esiste più: al suo posto, è emerso un aggregato fluido di differenze e diritti individuali, una nuova società sempre più disunita, disorganica, intellegibile.
Questo aggregato non è, di per sé, migliore o peggiore del tipo di società che lo ha preceduto: ciascuno di noi vive in questo aggregato, e in esso lavora, ama, stringe amicizie, si associa o mette su famiglia. Quindi, esso non è incompatibile con i bisogni sociali dell’uomo: semplicemente, li soddisfa in modo differente. Tuttavia, è difficile (ed io credo impossibile) proporre ed imporre a questa nuova società un nuovo mondo di valori condivisi, con i quali la politica possa uscire dalla propria crisi (che oggi sta innescando anche una crisi dell’idea stessa di democrazia).   Gli unici valori che si possono imporre (e che già si sono imposti, con scarsi esiti, se non tragici), sono l’individualismo e l’integralismo di matrice religiosa: il primo ribadisce il diritto di ogni singolo alla tutela dei propri interessi e dei propri diritti, il secondo, invece, nega i diritti e gli interessi dei singoli, in nome della fede in una entità non umana (cioè Dio).
Date queste premesse, non è conveniente sperare di affrontare la crisi della politica imponendo nuovi valori. I valori sono solo la premessa dell’impegno politico (lo precedono, nel senso che io posso credere in qualcosa, ma non è detto che debba, per questo impegnarmi in politica); mentre il senso dell’impegno politico risiede nella volontà di promuovere i propri valori, cercare il consenso, attuare scelte di governo per il bene comune. In sintesi, la premessa della politica sono i valori, ma il senso della politica è conseguire obiettivi di consenso e di governo.
In effetti, una politica priva di senso è forse peggio di una politica senza valori, come i recenti fatti di cronaca ci dimostrano. Mi sembra che l’attuale classe politica (mi riferisco alle recenti vicende della Regione Lazio e della Regione Lombardia, ma anche allo scandaloso “calvario parlamentare” riservato al ddl anticorruzione) sia soprattutto inconsapevole del proprio mandato: non governa per la cosa pubblica, ma per i propri interessi, e non capisce più che la politica muore quando diventa impresentabile, indifendibile, immeritevole del consenso popolare.
I sistemi di gestione che ho proposto sono uno strumento per ottimizzare gli obiettivi di consenso e di governo, e quindi un modo per recuperare il senso della politica. Per aumentare la consapevolezza dei rischi associati all’illegalità e all’inerzia di governo.
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Scritto da Andrea Ferrarini (Consulente Modelli Organizzativi ex d.lgs 231/2001)
cell. 3472728727 - andreaferrarini@inwind.it


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