mercoledì 27 marzo 2013

Piani Triennali di prevenzione della corruzione: per la CiVIT il termine del 31 marzo 3013 non è perentorio

La Legge Anticorruzione (L.190/2012) prevede che le pubbliche amministrazioni debbano adottare propri piani triennali di prevenzione della corruzione entro il 31 gennaio di ogni anno.
Per il 2013 (primo anno di applicazione dei nuovi obblighi di legge), il termine per l'adozione dei piani di prevenzione è stato posticipato al 31 marzo 2013.

Prima di tale data, sempre secondo le previsioni della legge 190/2012, il Dipartimento della Funzione Pubblica dovrebbe elaborare il Piano Nazionale Anticorruzione e fornire così le linee guida e gli indirizzi generali, per l'elaborazione dei Piani di prevenzione nelle singole amministrazioni.

Per quanto riguarda gli enti locali, i consorzi e le società controllate dagli enti locali, infine, i termini e le modalità di adozione dei Piani Triennali di Prevenzione devono essere definiti attraverso accordi in sede di Conferenza Unificata, entro quattro mesi dall'entrata in vigore della legge 190/2012 (cioè entro la fine di marzo).

Dal momento che il Piano Nazionale Anticorruzione non è ancora stato elaborato, e tanto meno sono stati definiti gli accordi in Conferenza Unificata, La CiVIT, nella seduta del 27 marzo 2013, ha espresso l’avviso che il termine del 31 marzo 2013, previsto per l’adozione dei piani di prevenzione della corruzione, non può essere considerato perentorio,  nel senso che il Piano adottato dopo la scadenza del termine è, comunque, valido. Con la conseguenza che, per quanto riguarda le amministrazioni centrali e gli enti nazionali, il Piano triennale dovrà essere adottato entro il tempo strettamente necessario e secondo le linee indicate nel futuro Piano Nazionale Anticorruzione.

Nel frattempo,  le singole amministrazioni, su proposta del responsabile della prevenzione della corruzione, possono procedere alla valutazione del diverso livello di esposizione degli uffici al rischio di corruzione, alla previsione di procedure per selezionare e formare i dipendenti e a introdurre opportune forme di rotazione degli incarichi.

Le amministrazioni potranno, anche, se lo ritengono, adottare il Piano triennale di prevenzione della corruzione, fatte salve le successive integrazioni e modifiche per adeguarlo ai contenuti del Piano Nazionale Anticorruzione.

Quanto sopra osservato può valere anche per le Regioni e gli Enti locali, specie dopo la scadenza del termine di quattro mesi, previsto dall’art. 1 comma 60 della legge n. 190/2012, per definire in sede di Conferenza Unificata gli adempimenti e i relativi termini volti alla “piena e sollecita attuazione delle disposizioni” della legge.


Scritto da Andrea Ferrarini (Consulente Modelli Organizzativi ex d.lgs 231/2001)
cell. 3472728727 - andreaferrarini@inwind.it



martedì 26 marzo 2013

ANCI: prime indicazioni ai Comuni per l'attuazione della legge anticorruzione

Il 21 marzo 2013 l' ANCI ha diffuso un documento, con le prime indicazioni ai Comuni sulle principali misure ed adempimenti per  l’attuazione  della legge 190/2012.

Lo trovo un documento molto interessante, perché recepisce alcune indicazioni  fornite dalla CIVIT, dal Dipartimento della Funzione Pubblica e dalle linee di Indirizzo per il Piano Nazionale Anticorruzione, chiarendo/ribadendo:

1) che l'organo competente a nominare il Responsabile della Prevenzione della Corruzione nei Comuni è il Sindaco (delibera CIVIT, n.15/2013);

2) che l'organo cui compete l'adozione del Piano Triennale di Prevenzione è la Giunta (in virtù della propria "competenza residuale" ex art. 48 del TUEL);

3) che, nelle more dell’adozione delle Intese in conferenza unificata, i Comuni dovrebbero, in via precauzionale (come già raccomandato dalla circolare Dipartimento Funzione Pubblica 1/2013), definire le prime  misure in materia di prevenzione alla corruzione (anche per tutelare i segretari/responsabili anticorruzione dalle sanzioni previste nel caso in cui sia commesso un reato);

4) che il criterio della rotazione dei dirigenti nella aree esposte al rischio di corruzione potrebbe essere di difficile applicazione nei comuni di medie-piccole dimensioni. Per questo l'ANCI intende farsi portavoce (in sede di Conferenza Unificata), "dell’esigenza di individuare regole applicative specifiche per le amministrazioni locali, in relazione alle caratteristiche organizzative e dimensionali delle stesse".


Scritto da Andrea Ferrarini (Consulente Modelli Organizzativi ex d.lgs 231/2001)
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giovedì 21 marzo 2013

Legge Anticorruzione: il contenuto minimo dei Piani Triennali di Prevenzione



Le Linee di Indirizzo per la Predisposizione del Piano Nazionale Anticorruzione, approvate il 12 marzo 2013, hanno chiarito i contenuti minimi intorno ai quali le pubbliche amministrazioni dovranno articolare i Piani Triennali di Prevenzione, previsti dalla legge 190/2012. Tali contenuti essenziali possono essere riassunti in 7 punti:

1.Individuazione delle aree a maggior rischio di corruzione
La legge 190/2012 (all'art. 1, comma 16) elenca già una serie di attività a rischio, che sono le seguenti:
   a) autorizzazione o concessione; 
   b) scelta del contraente nell’affidamento di lavori, forniture e servizi; 
   c) concessione ed erogazione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari; 
   d) concorsi e prove selettive per l’assunzione del personale);
Il processo di individuazione, quindi, dovrà basarsi su tale elenco, integrandolo con eventuali altre aree che risultano a rischio nel quadro specifico delle attività messe in atto dall'amministrazione.


2. Coinvolgimento dei "portatori di interesse" interni all'ente
I dirigenti, e di tutto il personale impiegato nelle aree a più elevato rischio, dovranno essere coinvolti nell'attività di: 
   a) analisi e valutazione del livello di rischio, 
   b) proposta e definizione delle misure di prevenzione e di 
   c) proposta e definizione delle misure di monitoraggio per l’implementazione del Piano.
Il Piano Triennale di prevenzione, quindi, dovrà essere il prodotto di un processo condiviso, nel quale i dipendenti non sono considerati "fonti di rischio" ma "risorse" utili ala gestione del rischio. 


3. Monitoraggio dei procedimenti
Il Piano Triennale di prevenzione dovrà prevedere forme di monitoraggio, per ciascuna attività a rischio, del rispetto dei termini di conclusione dei procedimenti.


4. Gap Analysis e trattamento del rischio di corruzione
Il Piano dovrà indicare le misure di contrasto già adottate e le ulteriori misure da adottare. Le linee di indirizzo, a tale proposito individuano alcune specifiche tipologie di controllo:
   a) procedimenti a disciplina rinforzata, 
   b) controlli specifici,  
   c) valutazioni ex post (riesame) dei risultati raggiunti, 
   d) interventi nell'organizzazione degli uffici e nella gestione del personale; 
   e) particolari misure di trasparenza sulle attività svolte. 


5. Misure generali di prevenzione
Le linee di indirizzo, individuano anche una serie di misure di carattere generale che possono essere adottate dalle amministrazioni, per prevenire il rischio di corruzione:
a) forme interne di controllo, per prevenire e far emergere vicende di possibile esposizione al rischio     corruttivo;
b) sistemi di rotazione del personale addetto alle aree a rischio, con l’accortezza di mantenere continuità e coerenza degli indirizzi e le necessarie competenze delle strutture. La rotazione del personale impedisce che lo stesso funzionario si occupi personalmente per lungo tempo dello stesso tipo di procedimenti e si relazioni sempre con gli stessi utenti, ritagliandosi di fatto una posizione di monopolio e privilegio all'interno dell'ente;
c) forme di tutela dei dipendenti che segnalano condotte illecite, ferme restando le garanzie di veridicità dei fatti, a tutela del denunciato;
d) verifica del rispetto, da parte dei dipendenti, delle norme del codice di comportamento , nonché delle prescrizioni contenute nel Piano Triennale;
e) effettiva attivazione della responsabilità disciplinare dei dipendenti, in caso di violazione dei doveri di comportamento, ivi incluso il dovere di rispettare le prescrizioni contenute nel Piano triennale;
f) effettiva attuazione delle disposizioni in materia di inconferibilità e incompatibilità degli incarichi (di cui ai commi 49 e 50 della legge n. 190), anche successivamente alla cessazione del servizio o al termine dell’incarico (nuovo comma 16-ter dell’articolo 53 del d. l.gs. n. 165 del 2001)
g) effettiva attuazione delle disposizioni di legge in materia di autorizzazione di incarichi esterni, così come modificate dal comma 42 della legge n. 190;
h) adozione delle misure in materia di trasparenza, attraverso il rispetto delle prescrizioni di legge, l’adozione del Piano della Trasparenza (come articolazione dello stesso Piano triennale anticorruzione), l’attivazione del sistema di trasmissione delle informazioni al sito web dell’amministrazione, del sistema delle sanzioni e del diritto di accesso civico;
i) formazione del personale, con attenzione prioritaria al responsabile anticorruzione dell’amministrazione e ai dirigenti amministrativi competenti per le attività maggiormente esposte al rischio di corruzione.

6. Misure di Integrazione
Il Piano Triennale di Prevenzione della corruzione dovrà l’individuare delle forme di integrazione e di coordinamento con il Piano Triennale della Performance, adottato dall'amministrazione ai sensi dell' art. 10 del d.lgs. 150/2009.

7. Responsabilizzazione dei dipendenti
I dipendenti devono prendere atto del Piano Triennale della Prevenzione sia al momento dell’assunzione sia, per quelli in servizio, con cadenza periodica.

Come previsto dall' art.1, commi 3 e 4 della legge 190/2012, le Linee di Indirizzo saranno di supporto al Dipartimento della Funzione Pubblica per la Predisposizione del Piano Nazionale Anticorruzione (P.N.A.), al quale le singole amministrazioni pubbliche dovranno far riferimenti, per adottare i propri Piani Triennali di Prevenzione della Corruzione.


Scritto da Andrea Ferrarini (Consulente Modelli Organizzativi ex d.lgs 231/2001)
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sabato 16 marzo 2013

Legge 190/2012: approvate le Linee Guida per la redazione del Piano Nazionale Anticorruzione

Il 12 marzo 2013  il comitato dei ministri per la lotta alla corruzione (composto dai Ministri dell'Interno, della Giustizia e della Pubblica Amministrazione, Filippo Patroni Griffi) ha elaborato le Linee di Indirizzo per la Predisposizione del Piano Nazionale Anticorruzione.
Come previsto dall' art.1, commi 3 e 4 della legge 190/2012, le Linee di Indirizzo saranno di supporto al Dipartimento della Funzione Pubblica per la Predisposizione del Piano Nazionale Anticorruzione (P.N.A.), al quale le singole amministrazioni pubbliche dovranno far riferimenti, per adottare i propri Piani Triennali di Prevenzione della Corruzione.

1. La funzione e i contenuti del Piano Nazionale Anticorruzione.
Le "Linee di Indirizzo" (consultabili sul sito della CIVIT) sono un documento di sole sette pagine, approvate certamente di fretta da un Governo "uscente" che ormai è definitivamente "alla porta" (ad attendere il nuovo governo che forse è in ritardo o forse mai arriverà). Sette pagine che, nel loro piccolo, chiariscono i "punti fermi" delle future politiche anticorruzione.

Innanzitutto, le Linee di Indirizzo ribadiscono che "con l’approvazione della Legge n. 190 del 2012, l’ordinamento italiano si è orientato, nel contrasto alla corruzione, verso un sistema di prevenzione". Quindi, anche se la politica e i media si sono concentrati soprattutto sugli aspetti "repressivi" della legge (modifiche al codice penale, "nuova" concussione per induzione, corruzione fra privati, ecc ...), il cuore della legge sta nei suoi strumenti di prevenzione, cioè il P.N.A. e i Piani Triennali di Prevenzione

Il P.N.A. "rappresenta lo strumento attraverso il quale sono individuate le strategie prioritarie per la prevenzione ed il contrasto della corruzione nella pubblica amministrazione a livello nazionale". Il P.N.A è uno strumento per il miglioramento continuo nel tempo delle politiche anticorruzione, in quanto "non si configura come un’attività compiuta, con un termine di completamento finale, bensì come un insieme di strumenti finalizzati alla prevenzione che vengono via via affinati, modificati o sostituiti in relazione al feedback ottenuto dalla loro applicazione."

Il P.N.A. dovrà definire:
a) le Linee Guida, per indirizzare le pubbliche amministrazioni nella prima predisposizione dei rispettivi Piani Triennali;
b) i modelli standard delle informazioni e dei dati, per la trasmissione in via telematica dei Piani al Dipartimento della funzione pubblica ;
c) i criteri  di rotazione dei dipendenti e dei dirigenti nei settori particolarmente esposti alla corruzione;
d) le misure per evitare sovrapposizioni di funzioni e cumuli di incarichi nominativi in capo ai dirigenti pubblici, anche esterni;
e) il ruolo del Dipartimento della funzione pubblica, nel processo di elaborazione dei dati trasmessi e di verifica adozione dei Piani
f) le modalità di accesso della CIVIT al contenuto dei Piani Triennali;
g) il contenuto dei piani formativi per i responsabili anticorruzione nelle diverse pubbliche amministrazioni, da estendere, a regime, a tutti i settori delle amministrazioni;

2. Le linee guida per la predisposizione dei Piani Triennali di Prevenzione della Corruzione.
Le Linee Guida per la predisposizione dei Piani Triennali negli enti pubblici dovranno essere, secondo la Commissione, il contenuto di maggiore rilevanza del P.N.A. Tali Linee Guida dovranno:
  • promuovere l’effettiva e tempestiva adozione dei Piani da parte di tutte le amministrazioni, nonché il loro aggiornamento annuale e, comunque, ogni qual volta emergano rilevanti mutamenti organizzativi dell’amministrazione;
  • assicurare un contenuto minimo dei Piani Triennali, che corrisponda all'obiettivo ineludibile dell’individuazione preventiva delle aree maggiormente esposte al rischio della corruzione (mappatura del rischio);
  • consentire alle diverse amministrazioni pubbliche di adeguare il contenuto del Piano alle specifiche funzioni amministrative svolte e alle specifiche realtà amministrative;
  • differenziare le linee guida quanto ai loro destinatari: linee guida più stringenti, quasi direttamente operative, per le amministrazioni centrali (e gli enti da queste controllati); per regioni ed enti locali, linee guide che possano essere recepite e adattate dai detti enti nei propri Piani;
  • rendere le informazioni raccolte nei Piani e le relative strategie di contrasto alla corruzione leggibili secondo linguaggi omogenei, che rendano possibile un’agevole verifica dello stato di attuazione delle politiche anticorruzione nelle singole amministrazioni e una comparazione delle diverse esperienze;
  • indicare meccanismi e criteri per la valutazione dell’adeguatezza dei Piani Triennali, con particolare riferimento ad aree a rischio comuni e generali;
  • promuovere forme di consultazione o incontri con le associazioni e i portatori di interesse, in sede di elaborazione dei Piani e in sede di verifica della sua attuazione;
  • fornire direttive affinché la funzione di responsabile della prevenzione sia svolta secondo criteri di rotazione, compatibilmente con la struttura organizzativa dell’amministrazione;
  • dare raccomandazioni affinché le stazioni appaltanti prevedano negli avvisi, bandi di gara o lettere di invito che il mancato rispetto delle clausole contenute nei protocolli di legalità o nei patti di integrità costituisce causa di esclusione dalla gara (art. 1, comma 17, l. n. 190)
Il P.N.A. dovrà consentire un’attuazione flessibile e differenziata delle linee guida da parte delle pubbliche amministrazioni, individuando le indicazioni ad applicazione generalizzata e le indicazioni rimesse alla discrezionale valutazione delle amministrazioni destinatarie.
In particolare, mentre le procedure di rilevazione e di trasmissione telematica dei dati dovranno essere necessariamente omogenee, secondo modelli standard predisposti dal Dipartimento della Funzione Pubblica, l’individuazione delle attività amministrative maggiormente esposte al rischio di corruzione deve essere rimessa alla differenziata valutazione delle amministrazioni.


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