mercoledì 22 febbraio 2017

Ho deciso di passare dalle parole ai fatti ... e di fare una analisi molto dettagliata del rischio corruttivo associato alla fase di avvio dei processi di controllo delle pubbliche amministrazioni. 

Ho analizzato i controlli su soggetti esterni, che sono caratterizzati dal fatto di avere un input complesso (multiplo). 


L'analisi è certamente eccessivamente dettagliata, rispetto allo sviluppo attuale del risk assessment nelle pubbliche amministrazioni (finalizzato alla redazione del Piano Triennale di Prevenzione della Corruzione). Tuttavia, mostra le potenzialità di una analisi che parta dalla mappatura dei processi, identificando gli elementi critici che possono essere "aggrediti" dalla corruzione".


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mercoledì 9 dicembre 2015

Relazione annuale del Responsabile della prevenzione della corruzione – proroga al 15 gennaio 2016 del termine per la pubblicazione

Comunicato del Presidente ANAC del 25/11/2015

Fonte: Sito ANAC: 

Come è noto, con determinazione n. 12 del 28 ottobre 2015, l’Autorità ha adottato l’Aggiornamento 2015 al PNA
Tenuto conto degli indirizzi in essa contenuti e per consentire ai Responsabili della Prevenzione della corruzione (RPC) di svolgere adeguatamente tutte le attività connesse alla predisposizione dei Piani di Prevenzione della corruzione entro il 31 gennaio 2016, l’Autorità ha valutato  opportuno prorogare al 15 gennaio 2016 il termine ultimo per la predisposizione e la pubblicazione della Relazione annuale che i RPC sono tenuti ad elaborare ai sensi dell’art. 1 co. 14 della legge 190/2012.

giovedì 19 novembre 2015

Anticorruzione, rotazione del personale e preventiva informazione alle rappresentanze sindacali

Il Tribunale del Lavoro ha annullato le misure di rotazione dei vigili contenute nel Piano Triennale di Prevenzione della Corruzione di Roma Capitale... Se i Piani Anticorruzione prevedono delle misure che "impattano" sul personale, i sindacati devono essere sempre preventivamente informati.

Fonte: Corriere della sera: http://roma.corriere.it/notizie/cronaca/15_novembre_18/vigili-rotazioni-annullare-piano-anticorruzione-884510da-8e2c-11e5-ae73-6fe562d02cba.shtml

giovedì 23 luglio 2015

Tu vuò fa l'Americano: il FOIA (Freedom of Information Act) e la Riforma Madia.

A quanto pare, la "Riforma Madia" potrebbe cercare di introdurre in Italia il diritto universale di accesso agli atti e alle attività della pubblica amministrazione: diritto che, negli USA è GARANTITO dal Freedom of Information Act (FOIA) del 1966.

L'idea è buona ... ma l'Italia non è l'America. Mangiamo senza dubbio in modo più sano.

Certo, non ci avveleniamo con il cibo, ma con le leggi ... il FOIA "all'italiana" sancirebbe un diritto di accesso, che si affianca al già esistente diritto di accesso agli atti (Legge 241/90) e al diritto di Accesso civico (dlgs. 33/2013).

Tre diritti diversi, per una sola esigenza: sapere cosa combina la pubblica amministrazione e in che modo gestisce gli interessi dei privati e della collettività. A me sembra un po' paradossale. Ben venga il FOIA. Ma solo se questo significherà, finalmente, abrogare gli obblighi di pubblicazione (eccessivi, inutili e controproducenti) sanciti dal d.lgs. 33/2013!

Tu vuò fa l'Americano, ma sei nato in Italy ...

mercoledì 3 giugno 2015

Pubblicata in gazzetta ufficiale la Legge Anticorruzione 2015

La legge 69/2015 "Disposizioni in materia di delitti contro la pubblica amministrazione, di associazioni di tipo mafioso e di falso in bilancio" è uscita in Gazzetta ufficiale venerdì 30 maggio e sarà in vigore a tutti gli effetti il prossimo 14 giugno. 

martedì 31 marzo 2015

Linee Guida ANAC-MEF per la prevenzione della corruzione nelle società controllate. Sintesi dei Contenuti

PREMESSA 

Il quadro normativo in tema di prevenzione della corruzione e trasparenza è (per stessa ammissione dell’ A.N.A.C.) particolarmente complesso e di non facile interpretazione, a causa della “disorganicità delle disposizioni della legge n. 190 del 2012 e dei decreti delegati”. Questo ha indotto l’A.N.AC. e il Ministero dell’economia e delle finanze (MEF) ad avviare una riflessione comune, con l’istituzione di un tavolo tecnico, finalizzata all’elaborazione di indicazioni condivise sull’applicazione della normativa anticorruzione e della nuova disciplina in materia di trasparenza.
 Le Linee guida incidono sulla disciplina già prevista dal PNA e ne comportano una rivisitazione. Pertanto, vista la coincidenza delle questioni trattate, le Linee guida sostituiscono integralmente i contenuti del PNA in materia di misure di prevenzione della corruzione che devono essere adottate degli enti pubblici economici, degli enti di diritto privato in controllo pubblico e delle società a partecipazione pubblica.
Le Linee guida sono innanzitutto indirizzate alle società e agli enti privati controllati e partecipati dalle pubbliche amministrazioni nonché agli enti pubblici economici tenuti al rispetto della normativa.
L’applicazione delle Linee guida è sospesa per le società emittenti strumenti finanziari quotati in mercati regolamentati e per le loro controllate. Senza dubbio anche per queste società sussiste un interesse pubblico alla prevenzione della corruzione e alla promozione della trasparenza. Le indicazioni circa la disciplina ad esse applicabile sarà oggetto di Linee guida da adottare in esito alle risultanze del tavolo di lavoro che A.N.AC. e MEF hanno avviato con CONSOB.
Le Linee guida sono rivolte anche alle amministrazioni pubbliche vigilanti, partecipanti e controllanti. Ad avviso dell’Autorità, infatti, spetta in primo luogo a dette amministrazioni promuovere l’applicazione della normativa in materia di prevenzione della corruzione e di trasparenza da parte di tali enti. Ciò in ragione dei poteri che le amministrazioni esercitano nei confronti degli stessi ovvero del legame organizzativo, funzionale o finanziario che li correla.
L’ambito soggettivo di applicazione delle norme è particolarmente vasto ed eterogeneo. Nel solo settore degli enti controllati e partecipati da pubbliche amministrazioni, sulla base dei dati comunicati dalle stesse amministrazioni al MEF al 31 dicembre 2012, le amministrazioni centrali partecipano, direttamente o in via indiretta, in 423 enti a cui si aggiungono i 17 partecipati dagli enti previdenziali.
Le amministrazioni locali hanno dichiarato di detenere, direttamente o in via indiretta, 35.311 partecipazioni che insistono su 7.726 enti. Le strutture organizzative e i modelli giuridici degli enti in questione sono vari e diversificati

Tabella 2 Distribuzione delle società partecipate e delle partecipazioni dei Comuni per settore di attività
SETTORE DI ATTIVITA'(1)

Società Partecipate
Partecipazioni
Numero medio di partecipazioni per società
(Numero)
(%)
(Numero)
(%)
(Numero)
   Settore primario                                                                                       75                              1%            223              1%                            3,0

Settore secondario                                                                           1.609               29%          11.088               42%                            6,9
Fornitura di acqua, reti fognarie, attività di gestione dei rifiuti e risanamento

758

14%

7.122

27%

9,4
Fornitura di energia elettrica, gas, vapore e aria
Condizionata

453

8%

2.521

10%

5,6
Costruzioni
320
6%
1.192
5%
3,7
Altre attività del settore secondario (attività
manifatturiere ed estrattive)

78

1%

253

1%

3,2

Settore terziario                                                                               3.528               65%          14.448               55%                            4,1
Attività professionali, scientifiche e tecniche
679
12%
3.256
12%
4,8
Trasporto e magazzinaggio
472
9%
2.250
9%
4,8
Noleggio, agenzie viaggio, servizi di supporto alle imprese
397
7%
1.578
6%
4,0
Attività artistiche, sportive, di intrattenimento e
Divertimento

345

6%

685

3%

2,0
Sanità e assistenza sociale
228
4%
1.092
4%
4,8
Amministrazione pubblica e difesa; assicurazione sociale
Obbligatoria

208

4%

1.581

6%

7,6
Attività immobiliari
194
4%
747
3%
3,9
Istruzione
157
3%
346
1%
2,2
Servizi di informazione e comunicazione
119
2%
1.070
4%
9,0
Altre attività del terziario
729
13%
1.843
7%
2,5

Non specificato
247
5%
614
2%
2,5

TOTALE SETTORI DI ATTIVITA'

5.459

100%

26.373

100%

4,8

Note: (1) Si fa riferimento alla classificazione delle attività economiche secondo il Codice Ateco, considerando per ogni partecipata il Codice associato all'attività prevalente. Il numero medio di partecipazioni sulla stessa società è calcolato rapportando in numero di partecipazioni al numero di sociepartecipate.

Le Linee Guida forniscono indicazioni relativamente ai contenuti essenziali dei modelli organizzativi da adottare ai fini della prevenzione della corruzione e della diffusione della trasparenza, non potendo, invece, fornire riferimenti puntuali a casistiche relative a singole strutture. Le Linee guida, pertanto, mirano a orientare le società e gli enti nell’applicazione della normativa di prevenzione della corruzione e della trasparenza con l’obiettivo primario che essa non dia luogo ad un mero adempimento burocratico, ma che venga adattata alla realtà organizzativa dei singoli enti per mettere a punto strumenti di prevenzione mirati e incisivi.
I contenuti delle Linee guida sono stati sviluppati avendo ben presente l’esigenza di prevedere necessari adattamenti di una normativa prevista innanzitutto per le pubbliche amministrazioni ed estesa anche ad enti con natura privatistica o la cui attività presenta caratteri diversi da quella delle pubbliche amministrazioni ex art. 1, co. 2, del d.lgs. n. 165/2001.
Per quel che riguarda le indicazioni relative all'individuazione e alla gestione del rischio, LE Linee Guida tengono conto della necessità di coordinamento tra quanto previsto nella legge n. 190 del 2012 per i piani di prevenzione della corruzione con le disposizioni del d.lgs. n. 231 del 2001, sia in termini di modello di organizzazione e gestione che di controlli e di responsabilità

QUADRO NORMATIVO

art. 1, co. 17 legge n. 190 del 2012: anche le società partecipate dalle amministrazioni pubbliche e gli enti di diritto privato in controllo pubblico, in quanto stazioni appaltanti, possono prevedere negli avvisi, nei bandi di gara o nelle lettere di invito che il mancato rispetto delle clausole contenute nei protocolli di legalità o nei patti di integrità costituisce causa di esclusione dalla gara.
l’art. 1, commi 60 e 61, della legge n. 190 del 2012: in sede di intesa in Conferenza unificata Stato, Regioni e autonomie locali sono definiti gli adempimenti per la sollecita attuazione della legge 190 e dei relativi decreti delegati nelle regioni, nelle province autonome e negli enti locali, nonché «negli enti pubblici e nei soggetti di diritto privato sottoposti al loro controllo»
art. 1, co. 39, della l. n. 190 del 2012: le aziende e le società partecipate dallo Stato e dagli altri enti pubblici rientrano tra i soggetti tenuti a comunicare al Dipartimento della funzione pubblica tutti le posizioni dirigenziali individuate discrezionalmente dall’organo di indirizzo politico senza procedure pubbliche di selezione
d.lgs. n. 39 del 2013: gli enti di diritto privato sottoposti a controllo pubblico che esercitano funzioni amministrative, attività di produzione di beni e servizi a favore delle amministrazioni pubbliche o di gestione di servizi pubblici sono della disciplina in materia di inconferibilità ed incompatibilità degli incarichi dirigenziali e di responsabilità amministrativa di vertice. viene affidato al responsabile del Piano anticorruzione di ciascun ente pubblico e ente di diritto privato in controllo pubblico il compito di curare, anche attraverso il Piano, l’attuazione delle disposizioni del decreto.
art. 24 bis del decreto legge 90/2014: modifica dell’ art. 11 del d.lgs. n. 33/2013 (ambito soggettivo di applicazione della trasparenza). Il nuovo articolo stabilisce che il d.lgs. 33/2013 si applica a:
  •  pubbliche amministrazioni
  • enti di diritto pubblico non territoriali, nazionali regionali o locali istituiti, vigilati, finanziati dalla pubblica amministrazione
  • enti di diritto privato in controllo pubblico (controllo ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile da parte di pubbliche amministrazioni), cioè

o   società e altri enti di diritto privato che esercitano funzioni amministrative, attività di produzione di beni e servizi a favore delle amministrazioni pubbliche
o   società e altri enti di diritto privato che gestiscono servizi pubblici,  
·         enti nei quali siano riconosciuti alle pubbliche amministrazioni, anche in assenza di una partecipazione azionaria, poteri di nomina dei vertici o dei componenti degli organi”
      
      Alle società partecipate dalle pubbliche amministrazioni in caso di partecipazione non maggioritaria, si applicano, invece, limitatamente all'attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o dell'Unione europea, le disposizioni dell’articolo 1, commi da 15 a 33, della legge 6 novembre 2012, n. 190.
La ratio sottesa alla legge n. 190 del 2012 e ai decreti di attuazione è quella di estendere le misure di prevenzione della corruzione e di trasparenza, e i relativi strumenti di programmazione, a soggetti che, indipendentemente dalla natura giuridica, sono controllati dalle amministrazioni pubbliche, gestiscono denaro pubblico, svolgono funzioni pubbliche o attività di pubblico interesse e, pertanto, sono esposte ai medesimi rischi cui sono sottoposte le amministrazioni alle quali sono in diverso modo collegate, per ragioni di controllo, di partecipazione o di vigilanza.

AMBITO SOGGETTIVO di APPLICAZIONE DELLA NORMATIVA ANTICORRUZIONE
·         Società controllate (direttamente o indirettamente) da amministrazioni pubbliche (art. 2359, c. 1, numeri 1 e 2)
·         Società partecipate da pubbliche amministrazioni (in cui la partecipazione pubblica non determina una situazione di controllo

NB: la normativa non si applica alle società controllate di cui all’art.2359, c.1 numero 3 (e società che sono sotto influenza dominante di una pubblica amministrazione in virtù di particolari vincoli contrattuali con essa), perché l’influenza dominante conseguita in virtù di vincoli contrattuali non appare sufficiente per assicurare all’amministrazione un adeguato potere di indirizzo.
·         le società controllate sono assimilate alle amministrazioni controllanti e devono dotarsi di tutti gli strumenti previsti per la prevenzione della corruzione.
·         le società partecipata hanno oneri ridotti
·         Tutte le società, controllate o partecipate, laddove non abbiano ancora provveduto in tal senso, dovranno in ogni caso adottare il modello di prevenzione dei rischi previsto dal d.lgs. n. 231 del 2001.
·         
     Le pubbliche amministrazioni devono pubblicare sul proprio sito istituzionale un elenco delle società a cui partecipano o che controllano. L’individuazione puntuale da parte delle amministrazioni delle società in questione, oltre che corrispondere ad un obbligo di legge (art. 22, co. 1, lettera c, del d.lgs. n. 33 del 2013) è necessaria affinché l’A.N.AC. possa esercitare i propri poteri di vigilanza
Società partecipate da più amministrazioni. Poiché le società sono esposte ai medesimi rischi delle amministrazioni che le controllano, tali rischi sussistono anche in caso di partecipazioni frazionate tra più amministrazioni in grado di determinare una situazione in cui la società sia in mano pubblica. Pertanto, poiché si tratta di un controllo esercitato da amministrazioni pubbliche cui si applica direttamente la disciplina in materia di prevenzione della corruzione, a maggior ragione questa disciplina è applicabile ai soggetti sui quali le amministrazioni esercitano il controllo, seppure in forma congiunta.

1.      SOCIETA’ IN CONTROLLO PUBBLICO

1.1.   PIANO TRIENNALE DI PREVENZIONE DELLA CORRUZIONE NELLE SOCIETÀ’ CONTROLLATE
Le società in controllo pubblico che abbiano già approvato un modello di organizzazione e gestione ex d.lgs. n. 231 del 2001 sono tenute ad integrarlo in coerenza con le finalità della legge n. 190 del 2012, perché l’ambito di applicazione della legge n. 190 del 2012 e quello del d.lgs. n. 231 del 2001 non coincidono:
·         Mentre il d.lgs. n. 231 del 2001 previene i reati commessi nell’interesse o a vantaggio della società, la legge n. 190 del 2012 previene condotte volte a procurare vantaggi indebiti al privato corruttore in danno dell’ente, nel caso di specie, della società controllata.
·         il concetto di corruzione della legge n. 190 del 2013 comprende non solo le fattispecie penalistiche disciplinate dagli artt. 318, 319 e 319 ter del codice penale, ma anche:
o   l’intera gamma dei reati contro (Titolo II del Libro II del codice penale);
o   La deviazione significativa dei comportamenti dei funzionari pubblici e delle decisioni delle pubbliche amministrazioni, dalla cura imparziale dell’interesse pubblico,
o   le situazioni nelle quali interessi privati condizionino impropriamente l’azione dell’amministrazione, sia che tale condizionamento abbia avuto successo, sia nel caso in cui rimanga a livello di tentativo.
L’integrazione deve prevedere l’adozione delle misure idonee a prevenire anche i fenomeni di corruzione e di illegalità all’interno delle società. Tali misure, che devono fare riferimento a tutte le attività svolte dalla società, costituiscono il «Piano di prevenzione della corruzione» della società.
Laddove il “modello 231” e il Piano di prevenzione della corruzione siano riuniti in un unico documento, è necessario che siano collocati in due sezioni distinte, al fine di identificare con chiarezza i relativi contenuti, poiché ad essi sono correlate forme di gestione e responsabilità differenti.
il Piano di prevenzione della corruzione è elaborato dal Responsabile della prevenzione della corruzione in stretto coordinamento con l’ ODV, e adottato dal Consiglio di amministrazione, quale organo di indirizzo, o in altro organo con funzioni equivalenti.
L’attività di elaborazione del Piano non può essere affidata a soggetti estranei alla società (art. 1, co. 8, legge n. 190 del 2012). Una volta adottato, al Piano viene data adeguata pubblicità sia all’interno della società, sia all’esterno, con la pubblicazione sul sito web della società. Qualora la società non disponga di un proprio sito sarà cura dell’amministrazione controllante rendere disponibile una sezione del proprio sito in cui la società controllata possa pubblicare i propri dati, ivi incluso il Piano.

1.1.1.     SOCIETA’ INDIRETTAMENTE CONTROLLATE
In caso di società indirettamente controllate:
·         è la capogruppo ad assicurare che le stesse adottino il Piano di prevenzione della corruzione in coerenza con quello della capogruppo.
·         Solo nei casi di società di ridotte dimensioni in cui non sia individuabile un Responsabile della prevenzione della corruzione, il Responsabile della prevenzione della capogruppo può predisporre il Piano della società controllata e vigilare sulla sua attuazione.

1.2.   CONTENUTI MINIMI DEL PIANO DI PREVENZIONE DELLA CORRUZIONE

1.2.1.     MAPPATURA DELLE AREE A RISCHIO
·         Il Piano deve contenere una mappa delle aree a rischio di corruzione, dei reati ad esse connessi reati e delle misure di prevenzione da attuare
·         Tra le attività esposte al rischio di corruzione vanno considerate in prima istanza quelle elencate dall’art. 1, co. 16, della legge n.190 del 2012 (autorizzazioni e concessioni, appalti e contratti, sovvenzioni e finanziamenti, selezione e gestione del personale), cui si aggiungono ulteriori aree individuate da ciascun ente in base alla propria specificità.
·         Nella individuazione delle aree a rischio è necessario tenere conto di quanto emerso in provvedimenti giurisdizionali, anche non definitivi, allorché dagli stessi risulti l’esposizione dell’area organizzativa o della sfera di attività a particolari rischi.

1.2.2.     SISTEMA DI CONTROLLI
·         Il Piano di prevenzione della corruzione deve considerare il sistema di controllo interno previsto dal modello di organizzazione e gestione del rischio sulla base del d.lgs. n. 231 del 2001 esistente e prevedere l’introduzione di nuovi principi e strutture di controllo quando l’ente risulti sprovvisto di un sistema atto a prevenire i rischi di corruzione.
·         In una logica di semplificazione, è opportuno assicurare il coordinamento tra i controlli per la prevenzione dei rischi di cui al d.lgs. n. 231 del 2001 e quelli per la prevenzione di rischi di corruzione di cui alla l. n. 190 del 2012;
·         Le funzioni del Responsabile per la prevenzione della corruzione devono essere coordinate con quelle degli altri organismi di controllo, con particolare riguardo al flusso di informazioni a supporto delle attività svolte dal Responsabile.

1.2.3.     CODICE DI COMPORTAMENTO
·         Le società integrano il codice etico o di comportamento già esistente oppure adottano un codice di comportamento laddove ne risultassero sprovviste, per sanzionare i comportamenti a rischio di corruzione.
·         Il codice adottato ha rilevanza ai fini della responsabilità disciplinare, analogamente ai codici adottati nelle pubbliche amministrazioni. In caso di inosservanza delle disposizioni del codice possono essere adottate le conseguenti misure disciplinari, ferma restando la loro natura privatistica.
·         Per attuare concretamente le misure è necessario:
o   individuazione una funzione di consulenza in caso di incertezze interpretative;
o   prevedere un apparato sanzionatorio;
o   indicare i meccanismi per azionare l’apparato sanzionatorio, tra cui, auspicabilmente, l’introduzione di un sistema per la raccolta di segnalazioni delle violazioni del codice.

1.2.4.     TRASPARENZA
Il decreto legge n. 90 del 2014 ha riscritto L’art. 11, co. 2, lettera b) del d.lgs. 33/2013, disponendo che la disciplina delle trasparenza prevista per le pubbliche amministrazioni sia applicata «limitatamente alle attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o dell’Unione europea» anche agli enti di diritto privato in controllo pubblico, incluse le società in controllo pubblico che esercitano funzioni amministrative, attività di produzione di beni e servizi a favore delle pubbliche amministrazioni o di gestione di servizi pubblici.
La nuova disposizione introduce una netta distinzione tra le società controllate e le società solo partecipate:
·         per le società in controllo pubblico la trasparenza deve essere garantita sia relativamente alle attività di pubblico interesse che all’organizzazione.
·         per le società solo partecipate, invece, gli obblighi di trasparenza sono quelli di cui ai commi da 15 a 33 della legge n. 190 del 2012 con riferimento alle attività di pubblico interesse
In sintesi le società in controllo pubblico devono
·         Nominare un Responsabile della Trasparenza
·         individuare le proprie attività di pubblico interesse
·         Adottare il Programma per la Trasparenza e l’Integrità
·         Istituire, sul proprio sito web, la sezione “Società Trasparenza”, destinata alla pubblicazione dei dati previsti dal d.lgs. 33/2013

1.2.4.1.           PROGRAMMA PER LA TRASPARENZA
Le società in controllo pubblico definiscono le misure e le iniziative volte all’attuazione degli obblighi di pubblicazione previsti dalla normativa vigente in una apposita sezione del Piano di prevenzione della corruzione definita “Programma per la trasparenza”. In particolare, sono individuate le misure organizzative volte ad assicurare la regolarità e la tempestività dei flussi delle informazioni da pubblicare ai sensi della normativa vigente, prevedendo anche uno specifico sistema delle responsabilità.
1.2.4.2.           ATTIVITA’ DI PUBBLICO INTERESSE
Sono certamente da considerarsi attività di pubblico interesse quelle qualificate come tali da una norma di legge o dagli atti costitutivi e dagli statuti degli enti e delle società e quelle previste dall’art. 11, co. 2, del d.lgs. n. 33 del 2013, ovvero le attività di esercizio di funzioni amministrative, di produzione di beni e servizi a favore delle amministrazioni pubbliche, di gestione di servizi pubblici.
E’ onere dei singoli enti o società indicare, all’interno del Programma per la trasparenza, quali attività non sono di “pubblico interesse regolate dal diritto nazionale o dell’Unione europea”. Anche le attività acquisto di beni, di svolgimento di lavori e di gestione di risorse umane e finanziarie, sono sottoposte alla normativa sulla trasparenza (in quanto presumibilmente orientate a soddisfare anche esigenze connesse allo svolgimento di attività di pubblico interesse) salvo specifiche, motivate, indicazioni contrarie da parte dell’ente o società interessata. Dette attività, pertanto,.
Gli enti e le società dovrebbero distinguere più chiaramente le attività di pubblico interesse dalle attività commerciali:
·         a livello organizzativo (affidando tali attività ad uffici distinti)
·         a livello gestionale (individuando distinte regole applicate nello svolgimento delle attività),
·         a livello di gestione contabile (dando distinta rilevanza nei bilanci alle risorse impiegate, ai costi e ai risultati).
·         Attestare l’assolvimento degli obblighi di pubblicazione
·         Assicurare e promuovere l’istituto dell’ Accesso Civico

1.2.4.3.           SEZIONE “SOCIETA’ TRASPARENTE”
Le società controllate sono tenute anche a costituire sul proprio sito web una apposita Sezione denominata “Società trasparente” in cui pubblicare i dati ai sensi del d.lgs. n. 33 del 2013. Per limitare gli oneri derivanti dalla disciplina della trasparenza, qualora le società controllate non dispongano di un sito web, sarà cura delle amministrazioni controllanti rendere disponibile una sezione del proprio sito in cui le società controllate possano pubblicare i dati.
Considerate le peculiarità organizzative delle società controllate, il tipo di attività svolte (non tutte di pubblico interesse) e il regime privatistico, la disciplina della trasparenza prevista per le pubbliche amministrazioni è applicabile con i necessari adattamenti. L’allegato 1 delle Linee Guida indicano i principali adattamenti relativi agli obblighi di trasparenza che le società controllate dalle pubbliche amministrazioni sono tenute ad osservare.
Le società sono tenute a comunicare le informazioni di cui all’art. 22, co. 2, del d.lgs. n. 33 del 2013 ai soci pubblici[1], così come gli amministratori societari comunicano i dati concernenti il proprio incarico, pena la sanzione pecuniaria prevista dall’art. 47 del medesimo decreto.
1.2.4.4.           RESPONSABILE DELLA TRASPARENZA
L’organo di indirizzo della società controllata provvede, alla nomina del Responsabile della trasparenza le cui funzioni, secondo quanto previsto dall’art. 43, co. 1, del d.lgs. n. 33 del 2013 sono svolte, «di norma», dal Responsabile per la prevenzione della corruzione. Qualora la società nomini due soggetti distinti per le funzioni in materia di trasparenza e per quelle di prevenzione della corruzione, è necessario garantire un coordinamento tra i due soggetti.
1.2.4.5.           ATTESTAZIONE DELL’ASSOLVIMENTO DEGLI OBBLIGHI DI TRASPARENZA
Ciascuna società individua, all’interno dei propri sistemi di controllo, un soggetto che attesti l’assolvimento degli obblighi di pubblicazione analogamente a quanto fanno gli Organismi indipendenti di valutazione per le amministrazioni pubbliche ai sensi dell’art. 14, co. 4, lett. g), del d.lgs. n. 150/2009. I riferimenti del soggetto individuato sono indicati chiaramente nella sezione del sito web “Società Trasparente” e nel Programma per la trasparenza e l’integrità.
1.2.4.6.           ACCESSO CIVICO
Le società controllate sono tenute anche ad adottare autonomamente le misure organizzative necessarie al fine di assicurare l’accesso civico (art. 5, d.lgs. n. 33 del 2013) e a pubblicare, nella sezione «Società trasparente», le informazioni relative alle modalità di esercizio di tale diritto e gli indirizzi di posta elettronica cui gli interessati possano inoltrare le relative richieste.
1.3.   Inconferibilità specifiche per gli incarichi di amministratore e per gli incarichi dirigenziali
·         Le società verificano la sussistenza di eventuali condizioni ostative in capo agli amministratori, come definiti dall’art. 1, co. 2, lett. l), ai sensi degli articoli 3, co. 1, lett. d) e 7 del d.lgs. n. 39 del 2013. Ai dirigenti si applica, invece, la disposizione prevista dall’art. 3, co. 1, lett. c) del medesimo decreto.
·         Le società adottano le misure organizzative necessarie ad assicurare che:
o   negli atti di attribuzione degli incarichi o negli interpelli siano inserite espressamente le condizioni ostative al conferimento dell’incarico ;
o   i soggetti interessati rendano la dichiarazione di insussistenza delle cause di inconferibilità all’atto del conferimento dell’incarico;
o   sia effettuata dal Responsabile della prevenzione un’attività di vigilanza d’ufficio, condotta sulla base di una programmazione che definisca le modalità e la frequenza delle verifiche;
o   sia svolta una attività di vigilanza su segnalazione di soggetti interni ed esterni, soprattutto al fine di verificare l’esistenza di situazioni di inconferibilità.

1.4.   Incompatibilità specifiche per gli incarichi di amministratore e per gli incarichi dirigenziali
·         Le società verificano la sussistenza di eventuali situazioni di incompatibilità nei confronti dei titolari degli incarichi degli amministratori, come definiti dall’art. 1, co. 2, lett. l), ai sensi degli articoli 9, co. 2, 11, co. 3, lett.c), 12, 13 e 14, co. 1 e 2, lettere a) e c), del d.lgs. n. 39/2013. Per gli incarichi dirigenziali si applica l’art. 12 dello stesso decreto.
·         Le società adottano le misure organizzative necessarie ad assicurare che:
o   siano inserite espressamente le cause di incompatibilità negli atti di attribuzione degli incarichi o negli interpelli per l’attribuzione degli stessi;
o   i soggetti interessati rendano la dichiarazione di insussistenza delle cause di incompatibilità all’atto del conferimento dell’incarico e nel corso del rapporto;
o   sia effettuata dal Responsabile della prevenzione un’attività di vigilanza d’ufficio, condotta sulla base di una programmazione che definisca le modalità e la frequenza delle verifiche;
o   sia svolta una attività di vigilanza su segnalazione di soggetti interni ed esterni, soprattutto al fine di verificare l’insorgere di situazioni di incompatibilità.

1.5.   Attività successiva alla cessazione del rapporto di lavoro dei dipendenti pubblici
·         Ai fini dell’applicazione dell’art. 53, co. 16-ter, del d.lgs. n. 165 del 2001, le società adottano le misure organizzative necessarie a evitare l’assunzione di dipendenti pubblici che, negli ultimi tre anni di servizio, abbiano esercitato poteri autoritativi o negoziali per conto di pubbliche amministrazioni, nei confronti delle società stesse.
·         Le società adottano le misure organizzative necessarie ad assicurare che:
o   negli interpelli o comunque nelle varie forme di selezione del personale sia inserita espressamente la condizione ostativa menzionata sopra;
o   i soggetti interessati rendano la dichiarazione di insussistenza della suddetta causa ostativa;
o   sia effettuata dal Responsabile della prevenzione un’attività di vigilanza d’ufficio condotta sulla base di una programmazione che definisca le modalità e la frequenza delle verifiche;
o   sia svolta una attività di vigilanza su segnalazione di soggetti interni ed esterni, soprattutto al fine di verificare l’esistenza di cause ostative.

1.6.   FORMAZIONE
Le società definiscono i contenuti, i destinatari e le modalità di erogazione della formazione in materia di prevenzione della corruzione, da integrare con eventuali preesistenti attività di formazione dedicate al «modello 231». A questo fine le società si potranno avvalere delle iniziative formative che A.N.AC. e MEF si impegnano a mettere a disposizione dei soggetti interessati.

1.7.   Tutela del dipendente che segnala illeciti
In mancanza di una specifica previsione normativa relativa alla tutela dei dipendenti che segnalano illeciti nelle società, le amministrazioni controllanti promuovono l’adozione da parte delle società di misure idonee ad incoraggiare il dipendente a denunciare gli illeciti di cui viene a conoscenza nell’ambito del rapporto di lavoro, avendo cura di garantire la riservatezza dell’identità del segnalante dalla ricezione e in ogni contatto successivo alla segnalazione. A questo fine è utile assicurare la trasparenza del procedimento di segnalazione, definendo e rendendo noto l’iter, con l’indicazione di termini certi per l’avvio e la conclusione dell’istruttoria e con l’individuazione dei soggetti che gestiscono le segnalazioni.

1.8.   ROTAZIONE O MISURE ALTERNATIVE
·         Il turnover delle figure preposte alla gestione di processi più esposti al rischio di corruzione non deve tradursi nella sottrazione di competenze professionali specialistiche ad uffici cui sono affidate attività ad elevato contenuto tecnico.
·         Altra misura efficace, in combinazione o alternativa alla rotazione, potrebbe essere quella della distinzione delle competenze, che attribuisce a soggetti diversi i compiti di:
o   svolgere istruttorie e accertamenti;
o   adottare decisioni;
o   attuare le decisioni prese,
o   effettuare verifiche.

1.9.   MONITORAGGIO
·         Le società controllate devono individuare:
o   le modalità e le tecniche di monitoraggio sull’attuazione delle misure di prevenzione della corruzione
o   la frequenza del monitoraggio
o   i ruoli e le responsabilità dei soggetti chiamati a svolgere tale attività, tra i quali rientra il Responsabile della prevenzione.
o   Il Responsabile della prevenzione, entro il 15 dicembre di ogni anno, pubblica nel sito web della società una relazione recante i risultati dell’attività di prevenzione svolta sulla base di uno schema che A.N.AC. si riserva di definire.

1.10.                   RESPONSABILE DELLA PREVENZIONE DELLA CORRUZIONE
·         Le società controllate devono modificare i propri statuti, per rendere obbligatoria la nomina di un Responsabile per la prevenzione della corruzione.
·         Il Responsabile della prevenzione della corruzione è nominato dall’organo di indirizzo della società.
·         Il Responsabile della prevenzione predisporre il Piano di prevenzione della corruzione della società, che verrà adottato dal Consiglio di amministrazione;
·         Al Responsabile devono essere riconosciuti poteri di vigilanza sull’attuazione effettiva delle misure nonché di proposta delle integrazioni e delle modifiche del Piano ritenute più opportune.
·         Gli atti di revoca dell’incarico di Responsabile della prevenzione della corruzione sono motivati e comunicati all’A.N.AC. che, entro 30 giorni può formulare una richiesta di riesame qualora rilevi che la revoca sia correlata alle attività svolte dal responsabile in materia di prevenzione della corruzione ai sensi dell’art. 15 del d.lgs. n. 39/2013.
·         Le  funzioni di Responsabile devono essere affidate ad uno dei dirigenti della società che abbia dimostrato nel tempo un comportamento integerrimo
·         il Responsabile della prevenzione della corruzione non può essere individuato in un soggetto esterno come l’organismo di vigilanza o altro organo di controllo a ciò esclusivamente deputato.
·         Per quanto possibile, le società devono evitare di nominare Responsabili della Prevenzione dirigenti che operano in aree a maggior rischio corruttivo.
·         Solo se la società è priva di dirigenti, o questi siano in numero così limitato da poter svolgere esclusivamente compiti gestionali nelle aree a rischio corruttivo, il Responsabile della prevenzione della corruzione potrà essere individuato in un profilo non dirigenziale che garantisca comunque le idonee competenze. In questo caso, il Consiglio di amministrazione o, in sua mancanza, l’amministratore sono tenuti ad esercitare una funzione di vigilanza stringente e periodica sulle attività del funzionario.
·         In ultima istanza, e solo in casi eccezionali, il Responsabile della prevenzione della corruzione potrà coincidere con un amministratore, purché privo di deleghe gestionali.
·         Considerata la stretta connessione tra le misure adottate ai sensi del d.lgs. n. 231 del 2001 e il «Piano di prevenzione della corruzione», le funzioni del Responsabile della prevenzione della corruzione dovranno essere svolte in costante coordinamento con ODV.
·         Nelle società con ODV collegiale, che prevede la presenza di un componente interno, è auspicabile che tale componente svolga anche le funzioni di Responsabile della prevenzione della corruzione, per consentire il collegamento funzionale tra il Responsabile della prevenzione della corruzione e l’organismo di vigilanza.
·         Solo nei casi di società di piccole dimensioni, nell’ipotesi in cui questa si doti di un organismo di vigilanza monocratico composto da un dipendente, la figura del Responsabile della prevenzione della corruzione può coincidere con quella dell’organismo di vigilanza.
·         Dall’espletamento dell’incarico di Responsabile della Prevenzione non può derivare l’attribuzione di alcun compenso aggiuntivo, fatto salvo il solo riconoscimento di eventuali retribuzioni di risultato legate all’effettivo conseguimento di precisi obiettivi previsti del Piano di prevenzione della corruzione, e fermi restando i vincoli che derivano dai tetti retributivi normativamente previsti e dai limiti complessivi alla spesa per il personale.
·         Nel provvedimento con cui si conferisce l’incarico di Responsabile della prevenzione della corruzione devono essere individuate le conseguenze derivanti dall’inadempimento agli obblighi che ne conseguono e gli eventuali profili di responsabilità disciplinare e dirigenziale. In particolare, occorre che siano specificate le conseguenze derivanti dall’omessa vigilanza sul funzionamento e sull’osservanza del Piano, nonché dall’omesso controllo in caso di ripetute violazioni del Piano, in analogia a quanto previsto dall’ art. 1, commi 12 e 14, della legge n. 190 del 2012.
·         In relazione agli organi di amministrazione, fatte salve le responsabilità previste dal d.lgs. n. 231 del 2001, nonché l’eventuale azione ex art. 2392 del codice civile per gli eventuali danni cagionati alla società, le amministrazioni controllanti dovranno promuovere l’inserimento, anche negli statuti societari, di meccanismi sanzionatori a carico degli amministratori che non abbiano adottato il Piano di prevenzione della corruzione o il Programma della trasparenza.
·         Le amministrazioni controllanti, infine, dovranno adottare nei propri piani di prevenzione della corruzione tutte le misure, anche organizzative, utili alla vigilanza sull’effettiva adozione del Piano

2.      SOCIETA’ PARTECIPATE
Linee guida considerano società a partecipazione pubblica quelle in cui le amministrazioni detengono una partecipazione non idonea a determinare una situazione di controllo ai sensi dell’art. 2359, co. 1, numeri 1 e 2, del codice civile.
Le società controllate hanno oneri minori in materia di prevenzione della corruzione e trasparenza, in considerazione del minor grado di controllo.
Dette società sono sottoposte alla disciplina in materia di prevenzione della corruzione e della trasparenza solo per quel che riguarda l’attività di pubblico interesse eventualmente svolta.
2.1.   MISURE DI PREVENZIONE DELLA CORRUZIONE
·         Le società a partecipate restano soggette al regime di responsabilità previsto dal d.lgs. n. 231/2001 sono tenute ad adottare un modello di organizzazione e gestione ai sensi del d.lgs. n. 231 del 2001.
·         Il “modello 231” deve essere integrato (come nel caso delle società controllate), con l’adozione di misure idonee a prevenire fatti corruttivi in danno alla società e alla pubblica amministrazione, nel rispetto dei principi contemplati dalla normativa in materia di prevenzione della corruzione.
·         Le società partecipate , in quanto rientranti fra gli enti regolati o finanziati dalle pubbliche amministrazioni ai sensi dell’art. 1, co. 2, lett. d), numero 2), del d.lgs. n. 39/2013, sono tenute a rispettare le norme sulla incompatibilità previste nel medesimo decreto ed, in particolare, dagli articoli 9 e 10.
·         Le società partecipate non devono elaborare il Piano di prevenzione della corruzione e non devono nominare il Responsabile della prevenzione

2.2.   TRASPARENZA
Alle società partecipate si applicano le sole regole in tema di trasparenza contenute nell’art. 1, commi da 15 a 33, della legge n. 190 del 2012, limitatamente «all’attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o dell’Unione europea». Ne consegue che, limitatamente alle attività di pubblico interesse eventualmente svolte, le società partecipate assicurano la pubblicazione nei propri siti web delle informazioni relative a:
·         procedimenti amministrativi (art. 1, co. 15, l. n. 190/2012), ivi inclusi quelli posti in essere in deroga alle procedure ordinarie (art. 1, co. 26);
·         monitoraggio periodico del rispetto dei tempi procedimentali (art. 1, co. 28);
·         bilanci e conti consuntivi (art. 1, co. 15);
·         costi unitari di realizzazione delle opere pubbliche e di produzione dei servizi erogati ai cittadini (art. 1, co. 15);
·         autorizzazioni o concessioni (art. 1, co. 16);
·         scelta del contraente per l’affidamento di lavori, forniture e servizi, anche con riferimento alla modalità di selezione prescelta ai sensi del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al d.lgs. n. 163/2006 (art. 1, co. 16);
·         concessioni ed erogazioni di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari, nonché all’attribuzione di vantaggi economici di qualunque genere a persone ed enti pubblici e privati (art. 1, co. 16);
·         concorsi e prove selettive per l’assunzione del personale (art. 1, co. 16).

2.2.1.     SEZIONE “SOCIETA’ TRASPARENTE” E ACCESSO CIVICO
I dati sono pubblicati in una apposita sezione del sito denominata “Società trasparente”. Analogamente a quanto indicato per le società controllate, qualora le società partecipate non dispongano di un sito internet in cui costituire la sezione “Società trasparente”, sarà cura delle amministrazioni partecipanti rendere disponibile una sezione del proprio sito in cui le società partecipate possano pubblicare i dati.
Ai dati pubblicati  si applica la normativa sull’accesso civico (art. 5, d.lgs. n. 33 del 2013). Al fine di assicurare detto accesso, le società partecipate adottano autonomamente le misure organizzative necessarie e pubblicano, nella sezione “Società trasparente”, le informazioni relative alle modalità di esercizio di tale diritto e gli indirizzi di posta elettronica cui inoltrare le relative richieste.
2.2.2.     ATTESTAZIONE DELL’ASSOLVIMENTO DEGLI OBBLIGHI DI TRASPARENZA
Anche le società partecipate individuano, al proprio interno, una funzione di controllo e di monitoraggio degli obblighi di pubblicazione, anche al fine di attestare l’assolvimento degli stessi. Questa funzione è affidata preferibilmente all’Organismo di vigilanza, ferme restando le scelte organizzative interne ritenute più idonee.
2.2.3.     PROGRAMMA PER LA TRASPARENZA – RESPONSABILE DELLA TRASPARENZA
Le società partecipate non devono nominare il Responsabile della trasparenza e non devono adottare il Programma per la trasparenza.
3.       ALTRI ENTI

3.1.   enti di diritto PRIVATO controllati (diversi dalle societa)
Gli enti di diritto privato in controllo pubblico hanno caratteristiche e struttura eterogenee e non sussiste, per la loro individuazione, una nozione di controllo analoga a quella dettata dall’art. 2359 del codice civile per le società.
Sono enti, in particolare associazioni e fondazioni, che hanno natura privatistica, non necessariamente con personalità giuridica, rispetto ai quali sono riconosciuti in capo alle amministrazioni pubbliche poteri di controllo che complessivamente consentono di esercitare un potere di ingerenza sull’attività con carattere di continuità ovvero un’influenza dominante sulle decisioni dell’ente.
3.1.1.     INDICI DI SUSSISTENZA DI UN CONTROLLO PUBBLICO
Oltre potere al potere di ingerenza, le Linee Guida Individuano alcuni indici sintomatici della sussistenza di un controllo pubblico:
·         L’istituzione dell’ente in base alla legge o atto dell’amministrazione interessata
·         la predeterminazione, ad opera della legge, delle finalità istituzionali o di una disciplina speciale.
·         La nomina dei componenti degli organi di indirizzo e/o direttivi e/o di controllo da parte dell’amministrazione.
·         Il prevalente o parziale finanziamento dell’attività istituzionale con fondi pubblici
·          riconoscimento agli enti del diritto di percepire contributi pubblici. Ciò comporta che la gestione finanziaria degli stessi sia soggetta al controllo della Corte dei conti con le modalità previste dall’art. 2 della l. n. 259 del 1958 per la gestione finanziaria degli enti cui lo Stato contribuisce in via ordinaria.
·         Il riconoscimento in capo all’amministrazione pubblica di poteri di vigilanza, tra i quali, ad esempio:
o   l’approvazione, da parte dell’amministrazione, dello statuto, delle eventuali delibere di trasformazione e di scioglimento;
o   l’approvazione, da parte dell’amministrazione, delle altre delibere più significative, come quelle di programmazione e rendicontazione economico – finanziaria;
o   l’attribuzione all’amministrazione pubblica di poteri di scioglimento degli organi e di commissariamento e/o estinzione dell’ente;
·         La limitazione, da parte della legge, dell’apporto di capitale privato o della partecipazione dei privati.
·         Per le associazioni, la titolarità pubblica della maggioranza delle quote.
In alcuni casi è possibile che la presenza anche di uno solo dei suddetti indici sia già idonea a determinare un controllo vero e proprio, come avviene, ad esempio, nel caso in cui all’amministrazione competa la nomina della maggioranza dei componenti degli organi direttivi e/o di indirizzo. Nella maggioranza dei casi, invece, verificata la presenza dei predetti indici, occorre procedere ad un’analisi in concreto del rapporto tra amministrazione ed ente.

3.1.2.     ATTIVITA’ SVOLTE
Gli enti privati sono in controllo pubblico se svolgono funzioni che rientrano nell’ambito dei compiti tipicamente appartenenti ai pubblici poteri, ossia funzioni cui le pubbliche amministrazioni, in loro mancanza, dovrebbero sopperire. L’assimilazione alle amministrazioni pubbliche si deve alla pubblicità delle attività svolte dai suddetti enti e alla strumentalità degli stessi rispetto al conseguimento di finalità di chiara impronta pubblicistica.
Inoltre, sono da considerarsi in controllo pubblico quegli enti che esercitano funzioni:
·         amministrative,
·         attività di produzione di beni e servizi a favore delle amministrazioni pubbliche,
·         gestione di servizi pubblici;
Spetta alle amministrazioni specificare, anche sulla base delle indicazioni sopra fornite, quali siano gli enti di diritto privato in loro controllo. Detta ricognizione è resa necessaria dall’art. 22, co. 1 lett. c) del d.lgs. n. 33 del 2013, secondo cui ciascuna amministrazione è tenuta a pubblicare l’elenco degli enti di diritto privato controllati.

3.2.   ENTI DI DIRITTO PRIVATO PARTECIPATI (diversi dalle società)
Sono enti di natura privatistica, diversi dalle società, non sottoposti a controllo pubblico, e cioè quelli le cui decisioni e la cui attività non risultano soggette al controllo dell’amministrazione nelle forme che caratterizzano gli enti in controllo pubblico. Questi enti sono rilevanti ai fini della normativa in materia di prevenzione della corruzione e trasparenza in quanto comunque partecipati dalle amministrazioni.
Tali enti, pur avendo natura di diritto privato, sono deputati a svolgere attività amministrative ovvero attività di interesse generale. Nonostante l’autonomia statutaria e gestionale loro riconosciuta, all’amministrazione sono attribuiti poteri di vigilanza in ragione della natura pubblica dell’attività svolta. Detti poteri possono sostanziarsi, ad esempio:
·         nell’approvazione da parte dell’amministrazione degli atti fondamentali,
·         nella formulazione di rilievi sui bilanci,
·         nei compiti di verifica dell’effettiva tutela dei beneficiari secondo le forme individuate negli statuti.
Nella categoria degli enti di diritto privato solo partecipati da pubbliche amministrazioni rientrano:
·         le fondazioni bancarie,
·         le casse di previdenza dei liberi professionisti,
·         le associazioni e le fondazioni derivanti dalla trasformazione per legge di istituzioni pubbliche di assistenza e beneficienza.

3.3.   ENTI PUBBLICI ECONOMICI
Gli enti pubblici economici, anche se svolgono svolgono attività di impresa, sono tra i soggetti destinatari della normativa in materia di anticorruzione e trasparenza in quanto enti che perseguono finalità pubbliche. L’art. 1, commi 59 e 60, della legge n. 190 del 2012, non può che ricevere una interpretazione costituzionalmente orientata volta a ricomprendere nel novero dei soggetti tenuti all’applicazione delle disposizioni di prevenzione della corruzione anche gli enti pubblici economici atteso che, anche per la natura delle funzioni svolte, essi sono esposti ai medesimi rischi che il legislatore ha inteso prevenire per le pubbliche amministrazione, per le società, e gli altri enti di diritto privato controllati o partecipati. Diversamente, la normativa genererebbe un’evidente asimmetria applicandosi a soggetti privati, quali le società, che esercitano attività d’impresa, ma non ad enti pubblici che pure svolgono il medesimo tipo di attività.

3.4.   MISURE DI PREVENZIONE DELLA CORRUZIONE E TRASPARENZA
Enti privati controllati
misure anticorruzione
Sono le stesse previste per le società controllate:
·      Piano di prevenzione della corruzione
·      Nomina del Responsabile della Prevenzione
Misure di trasparenza
Sono le stesse previste per le società controllate:
·      Programma per la trasparenza e l’Integrità
·      Nomina del Responsabile della Trasparenza
·      Sezione “Amministrazione Trasparente”
Enti privati partecipati
Misure anticorruzione
·      Protocolli di legalità tra PA ed ente partecipato, con specifici obblighi di prevenzione della corruzione e trasparenza;
·      Adozione di “modelli 231”
Misure di trasparenza
·      Gli enti privati partecipati non sono destinatari delle misure di trasparenza
·      Protocolli di legalità tra PA ed ente partecipato, per promuovere l’applicazione degli obblighi di trasparenza individuati per le società partecipate.
Enti pubblici Economici
Misure anticorruzione
Sono le stesse previste per le società controllate:
·      Piano di prevenzione della corruzione
·      Nomina del Responsabile della Prevenzione
Misure di trasparenza
Sono le stesse previste per le società controllate:
·      Programma per la trasparenza e l’Integrità
·      Nomina del Responsabile della Trasparenza
·      Sezione “Amministrazione Trasparente”

4.      ATTIVITA’ DI VIGILANZA DELL’ ANAC
Le pubbliche amministrazioni redigono e pubblicano sul proprio sito istituzionale, ai sensi dell’art. 22, co. 1, lettera c), del d.lgs. n. 33 del 2013, un elenco degli enti e delle società da esse partecipate o controllate. L’attività di vigilanza e controllo dell’A.N.AC., che può comportare anche l’adozione di sanzioni, sarà svolta sia tenuto conto di tali elenchi, sia dei dati sulle società partecipate comunicati dalle pubbliche amministrazioni al Dipartimento del Tesoro del MEF, in attuazione del decreto del Ministero dell’Economia del 30 luglio 2010, adottato ai sensi dell’art. 2, co. 222, della l. n. 191/2009.
5.      DISCIPLINA TRANSITORIA
Le società e gli altri enti di diritto privato in controllo pubblico, nonché gli enti pubblici economici, procedono ad adottare tempestivamente, e comunque non oltre il 31 gennaio 2016, il Piano di prevenzione della corruzione e a nominare il Responsabile della prevenzione della corruzione e/o della trasparenza, secondo le indicazioni contenute nelle presenti Linee guida.
Per quanto attiene alla trasparenza, tenuto conto dell’immediata precettività degli obblighi di pubblicazione previsti dal d.lgs. n. 33 del 2013 e altresì dell’esigenza delle società e degli enti di regolare i flussi informativi interni, questi adeguano i propri siti web con i documenti, i dati e le informazioni da pubblicare tempestivamente e comunque non oltre il 31 dicembre 2015.
Per le misure di prevenzione della corruzione e di trasparenza da introdurre nelle società e negli altri enti di diritto privato partecipati, i protocolli di legalità, che provvedono ad indicare la cadenza temporale delle misure da adottare negli enti, sono stipulati tempestivamente e comunque non oltre il 31 dicembre 2015.



6.      ALLEGATO 1 alle linee guida: Principali adattamenti degli obblighi di trasparenza contenuti nel d.lgs. 33/2013 per le società e gli enti di diritto privato controllati o partecipati da pubbliche amministrazioni e gli enti pubblici economici
(art. 15, co. 1, lett. d), d.lgs. 33/2013)
Pubblicità dei compensi sugli incarichi dirigenziali
Fermi restando tutti gli altri obblighi di pubblicazione previsti dal co. 1 dell’art. 15, per gli incarichi dirigenziali le società e gli enti pubblicano i compensi, comunque denominati, in forma aggregata dando conto della spesa complessiva sostenuta ciascun anno, con l’indicazione dei livelli più alti e più bassi dei compensi corrisposti.
(art. 15, co. 1, lett. d), d.lgs. 33/2013)
Pubblicità dei compensi sugli incarichi di collaborazione e consulenza
Fermi restando tutti gli altri obblighi di pubblicazione previsti dal co. 1 dell’art. 15, per gli incarichi di collaborazione e consulenza relativi ad attività non di pubblico interesse le società e gli enti pubblicano la spesa complessiva sostenuta ciascun anno, con l’indicazione dei livelli più alti e più bassi dei compensi corrisposti. La modalità di pubblicazione dei compensi in forma aggregata è prevista quindi solo nei casi in cui le consulenze o le collaborazioni siano connesse ad attività di natura strettamente privatistica di tipo commerciale e svolta in regime concorrenziale. Diversamente, per gli incarichi di collaborazione e consulenza conferiti per attività di pubblico interesse le società e gli enti pubblicano il compenso, comunque denominato, relativo ad ogni singolo incarico di collaborazione e consulenza conferito.
(art. 19, d.lgs. 33/2013)
Selezione del personale
Le società e gli enti pubblicano i regolamenti e gli atti generali che disciplinano la selezione del personale e i documenti relativi all’avvio di ogni singola procedura selettiva – avviso, criteri di selezione esito della stessa. Con riguardo al personale effettivamente e sostanzialmente in regime privatistico, le società e gli enti pubblicano, su base annuale, il numero e il costo del personale a tempo indeterminato e determinato in servizio e i dati sui tassi di assenza. Essi rendono inoltre disponibile sul sito il contratto nazionale di categoria di riferimento del personale della società o dell’ente (art. 21). Tali modalità di pubblicazione tengono conto che in alcune società pubbliche, pur non essendo applicabili le norme che regolano i concorsi pubblici, vi è comunque l’obbligo, nel reclutare il personale, del rispetto dei principi, anche di derivazione europea, di trasparenza, pubblicità e imparzialità (art. 18, co. 2, d.l. n. 112 del 2008, convertito in legge 6 agosto 2008, n. 133). Restano fermi gli obblighi di trasparenza relativi al bando e ai criteri di selezione per le società a cui si applica l’art. 18, co. 1 del citato decreto legge.
(art. 20, d.lgs. 33/2013)
Valutazione della performance e distribuzione dei premi al personale
Gli enti e le società adeguano gli obblighi di pubblicazione relativi alla performance ai sistemi di premialità in essi esistenti, rendendo comunque disponibili i criteri di distribuzione dei premi al personale e l’ammontare aggregato dei premi effettivamente distribuiti annualmente.
(art. 29, d.lgs. 33/2013)
Bilancio
A tutela della riservatezza delle informazioni strategiche rinvenibili nei budget, le società e gli enti pubblicano, su base annuale, il bilancio consuntivo. Esso è reso disponibile in forma sintetica, aggregata e semplificata, anche con il ricorso a rappresentazioni grafiche.
Tenuto conto della natura privatistica degli enti e delle società e del tipo di attività svolta, non sono considerati applicabili a tali soggetti alcuni obblighi di trasparenza contenuti nel d.lgs. n. 33/2013 quali, ad esempio, quelli sui controlli sulle imprese (art. 25), il Piano degli indicatori e risultati attesi di bilancio (art. 29), gli oneri informativi per cittadini ed imprese (art. 12, co. 1-bis).







[1] art. 22, co. 2 d.lgs. 33/2013: “Per ciascuno degli enti di cui alle lettere da a) a c) del comma 1 sono pubblicati i dati relativi alla ragione sociale, alla misura della eventuale partecipazione dell'amministrazione, alla durata dell'impegno, all'onere complessivo a qualsiasi titolo gravante per l'anno sul bilancio dell'amministrazione, al numero dei rappresentanti dell'amministrazione negli organi di governo, al trattamento economico complessivo a ciascuno di essi spettante, ai risultati di bilancio degli ultimi tre esercizi finanziari. Sono altresi' pubblicati i dati relativi agli incarichi di amministratore dell'ente e il relativo trattamento economico complessivo”.

Scritto da Andrea Ferrarini, Consulente Modelli 231/2001, Etica Pubblica e Sistemi di prevenzione della Corruzione - Milano